MAMMA, PAPÀ, HO IMPARATO A DIRE… NO!

Cari genitori, eravate abituati ad un batuffolo accondiscendente e ora avete davanti un despota in miniatura che urla a pieni polmoni NO a qualsiasi proposta.

Non preoccupatevi, fa tutto parte di quel meraviglioso (…e snervante!) processo di crescita del vostro cucciolo!

Giusto per dare due coordinate temporali il “periodo nei no” va dai 18 mesi ai 3 anni e, per quanto la sua forza vari molto da bimbo a bimbo, in genere è un periodo di reale difficoltà di gestione da parte dei genitori.

Alla base di questo atteggiamento di opposizione costante c’è un meccanismo inconscio del bambino che lo porta a sperimentare un senso di sé separato e distinto dagli altri: in parole povere fino a ieri il vostro pargoletto si è sentito un tutt’uno con la figura genitoriale di riferimento (solitamente la mamma), e adesso scopre di essere un essere umano a sé stante. Un po’ come dire “ehi mamma e babbo, io esisto e voglio fare come mi pare!”.

È doveroso sottolineare un punto chiave, ovvero che questo processo è guidato da un meccanismo inconscio: non si tratta dunque di un agire intenzionale, è l’istinto che guida i suoi comportamenti! E quando lo fa il suo cervello immaturo non gli permette di regolare razionalmente gli impulsi, col risultato che un banale divieto dato dall’esterno può trasformarsi in una scenata melodrammatica!

Ma come reagire nella pratica ad una decisa “fase oppositiva” da parte del bambino?
La nostra reazione istintiva sarebbe quella di rispondere per le rime, ovvero alzando la voce e cercando di imporre la nostra volontà. Cosi facendo però corriamo il rischio di trovarci incastrati in una dinamica di potere, che alimenta emozioni di rabbia da entrambe le parti. Meglio invece cercare di valutare il da farsi in base al contesto, verbalizzando e autorizzando le sue emozioni, intervenendo in maniera autorevole, vale a dire garantendo dei limiti, ma non imponendoli; successivamente, ristabilita la calma, daremo una spiegazione.

Dotiamoci dunque di pazienza e ricordiamoci che solo esprimendo liberamente la propria rabbia si può arrivare ad accettare la rinuncia e la frustrazione che ne derivano; un presupposto questo valido anche per noi adulti.
Ma forse è proprio perché spesso non ascoltiamo le nostre emozioni più profonde e autentiche che facciamo più fatica a sintonizzarci con quelle altrui, comprese quelle dei bambini.

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