Bambini che non parlano: quando preoccuparsi?

Care mamme e cari babbi,

oggi parliamo di una delle tante fonti d’ansia insite nella genitorialità. Pediatri e “addetti ai lavori” del cosmo bambinese ci ripetono fino dal primo giorno di vita della creatura di non fossilizzarci sul raggiungimento delle varie tappe di crescita: c’è chi impara a camminare a 10 mesi e pronuncia la prima parola a due anni, c’è chi gattona fino all’anno e mezzo e compone piccole frasi di senso compiuto appena superato l’anno. Ogni bimbo è un mondo a sé, ed entro certi limiti fa tutto parte della normalità.

 

Ma quali sono questi limiti e quando è opportuno rivolgersi ad uno specialista in materia di linguaggio?

Generalmente le prime parole compaiono in un range di tempo abbastanza ampio che va tra i tra i 12 e i 24 mesi. Spesso i bambini che non parlano affatto usano i gesti per comunicare e hanno una comprensione del linguaggio nella norma (o solo leggermente al di sotto): alcuni di questi “sbocciano” tra i 24 e i 36 mesi, recuperando velocemente il ritardo e allineandosi ai loro coetanei.
In generale quindi possiamo affermare che se il bambino di 3 anni non parla, parla poco o parla “male”, sarebbe auspicabile l’intervento tempestivo dello specialista, non tanto perché sia necessariamente sintomatico di disturbi permanenti, ma banalmente perché a questa età i bambini iniziano ad “allenarsi” su funzioni un pochino più evolute del linguaggio (acquisendo abilità come dividere le sillabe o fonderle per formare una parola, individuare le rime, ecc..) gettando le basi della letto-scrittura: chi è impegnato a recuperare potrebbe non aver tempo sufficiente per questi nuovi apprendimenti, facendo sempre più fatica nell’allineamento ai coetanei.

 

Ma come possiamo stimolare i nostri figli nell’uso del linguaggio?

Qua di seguito sono elencati alcuni pratici consigli:

  • Aumentare gli scambi comunicativi: qualsiasi esperienza di quotidianità può essere un ottimo spunto di narrazione. Cercate di descrivere dettagliatamente con le parole tutto ciò che vivete insieme, anche semplicemente la preparazione di un pasto o le pratiche di igiene del piccolo. Non stancatevi mai di verbalizzare!
  • Concedere tempo al bambino per dire la sua: non dimentichiamoci che la comunicazione è un gioco che si fa in due. Stimolarla e sostenerla vuol dire saper lasciare spazio all’altro, cosa che ha anche il vantaggio non trascurabile di far sentire al piccolo che stiamo dedicando la nostra attenzione verso ciò che ha da dire e che riponiamo fiducia nelle sue capacità;
  • Leggere insieme: l’avvicinamento alla lettura fin dalla prima infanzia favorisce lo sviluppo della relazione, dell’attenzione condivisa, del sistema uditivo-percettivo e cognitivo, aspetti fortemente legati allo sviluppo del linguaggio. Durante questo momento di condivisione sarà bene posizionarsi in modo da essere faccia a faccia con il bambino, affinché possa vedere le nostre espressioni e i movimenti della nostra bocca. Un consiglio utile potrebbe anche essere quello di non leggere direttamente i dialoghi del libro ma verbalizzarne le immagini: i racconti possono risultare più difficili da seguire e meno immediati;
  • Ripetere le parole che restano difficili al piccolo: una volta individuati i termini ostici per vostro figlio non chiedete a lui di ripeterli ma fatelo voi, per due o tre volte consecutive. In questo modo potrà focalizzarne meglio la pronuncia.

Al contrario, fate attenzione a non commettere questi errori:

  • Fare finta di non capire: se si esprime a gesti, con suoni, parole incomplete o altre strategie, siate comprensivi. Fingere di non capire andrebbe solo ad aumentare la frustrazione del piccolo spingendolo a comunicare sempre meno;
  • Chiedere al piccolo di sforzarsi di ripetere meglio: un luogo comune, erroneamente accreditato tra i motivi per cui i bambini non parlano o parlano molto poco, è la “pigrizia”: al bambino definito “pigro” viene attribuita una vera e propria colpa, come se quella di non parlare (o parlare male) fosse una scelta precisa e consapevole. Bisogna invece ricordare che i bambini sono geneticamente predisposti per imparare e che cercano di farlo al meglio delle loro possibilità.. se non parlano non è di certo per indolenza e sta a noi adulti accoglierli e – se necessario – intervenire;
  • Anticipare i suoi bisogni: rispettate i tempi dei bimbi, e date loro la possibilità di allenarsi con l’uso della parola;
  • Limitare l’esposizione a televisori e dispositivi elettronici in genere (smartphone compresi): video e cartoni animati non forniscono un reale ambiente comunicativi. Persino nelle proposte migliori, la conversazione rimane a un’unica via, e i personaggi non modificano certo le loro risposte nei casi in cui il bambino tenti un’interazione con loro.

Confidiamo di avervi fornito degli spunti di riflessione interessanti in materia di linguaggio, e per qualsiasi dubbio non esitate a rivolgervi al nostro sportello “SOS genitori”!

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