Le beta, che ogni donna in gravidanza o neo mamma ben conosce, in realtà non sono altro che un ormone, che si chiama gonadotropina corionica umana (o hCG) che viene prodotto quando l’ovulo fecondato si impianta nell’utero e va ad accumularsi in modo molto rapido nell’organismo.
Tutti i test di gravidanza, a partire da quello casalingo (il classico con le due lineette), fino a quello di laboratorio effettuato con il prelievo di sangue, si basano proprio sulla rilevazione delle beta hCG.
Quando effettuare i test di gravidanza?
Nel caso dei test con le urine possono essere effettuati a partire dal primo giorno di ritardo del ciclo mestruale; attualmente in commercio ne esistono alcuni che consentono di rilevare la presenza dell’ormone anche a concentrazioni inferiori e possono dunque essere svolti anche qualche giorno prima della data presunta del ciclo.
Al contrario non ha alcun senso effettuare il test nei giorni subito successivi ad un rapporto a rischio in quanto sono necessari alcuni giorni, prima che l’organismo produca la beta hCG, anche se l’ovulo è già stato fecondato.
Il test su sangue, invece, ha una maggiore sensibilità e la presenza delle beta hCG si può riscontrare anche 7-10 giorni dall’avvenuto concepimento, garantendo un risultato sicuro al 100%
Il test di gravidanza ematico deve essere eseguito in qualunque caso, anche se l’analisi delle urine ha già dato esito positivo.
Come detto prima, i valori delle beta aumentano vertiginosamente nelle prime settimane di gravidanza, per poi decrescere. In generale possiamo dire che:
raddoppiano ogni 2 giorni per valori fino a 1200 UI,
raddoppiano ogni 3 giorni per valori da 1200 UI a 6000 UI,
raddoppiano ogni 4 giorni per valori superiori a 6000 UI.
Nelle prime fasi può dunque venire suggerito dal ginecologo di monitorare l’andamento delle beta ai fini di un maggiore controllo del corretto avanzamento della gravidanza.
Qual è la funzione di questo ormone?
E’ fondamentale per il buon esito della gravidanza per due motivi principali:
– contribuisce a modulare la risposta immunitaria della mamma, facendo sì che l’organismo non riconosca il feto (che è al 50% geneticamente diverso dalla mamma) come un organismo estraneo e quindi metta in atto delle strategie difensive per “eliminarlo”
– promuove la sintesi del progesterone, un ormone fondamentale per la crescita dell’embrione nelle prime settimane.
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